Vi raccontiamo i quasi due anni di impegno della Lule a Pieve Emanuele per “Emergenza Nord Africa”

Tra il 12 e 13 maggio 2011 sono giunti da Lampedusa a Pieve Emanuele (MI) 420 profughi in fuga dalla guerra in Libia dove erano immigrati per lavoro. Il Comune di Pieve Emanuele ha coinvolto Associazione LULE, presente da anni sul territorio, per la stesura di un progetto di alfabetizzazione che desse opportunità di espressione ai nuovi arrivati. Nell’attesa di una risposta da parte degli Enti preposti (risposta giunta al termine di luglio) è nato il gruppo Arcobaleno grazie al quale lunedì 13 giugno si sono avviati i corsi all’interno della struttura del Residence. Il progetto di formazione ha coinvolto più di 40 volontari docenti e mediatori, professionisti e non, italiani e stranieri, e si è rivolto a circa 200 profughi.
Oltre i volontari LULE, di Croce Rossa Italiana e delle Parrocchie di Pieve, anche cittadini comuni hanno contribuito al successo dell’iniziativa. Da giugno a dicembre la scuola ha ampliato e strutturato la propria attività, grazie al coordinamento e all’attività didattica professionale di Cooperativa LULE, con i finanziamenti pervenuti dalla Prefettura di Milano e nuove collaborazioni con Enti di Formazione del territorio quali il CTP di Rozzano e AFOL Sud Milano, portando a 34 le ore di lezione settimanale, di cui alcune svolte in aula computer, mentre numerosi studenti hanno superato l’esame CILS per la certificazione della conoscenza della lingua italiana. E’ nato anche un laboratorio teatrale e di avvicinamento alla musica. Ecco il “diario” di Cristina, giovane operatrice della Lule che ci racconta con partecipazione, passione e competenza un anno e mezzo vissuto in prima linea.

Abbiamo tutti sentito parlare della primavera araba del 2011: oltre alla parola “democrazia”, abbiamo anche sentito parlare molte volte degli sbarchi a Lampedusa.

 56.000 profughi hanno raggiunto l’isola in pochi mesi: è così che è nata l’emergenza nord Africa (burocraticamente abbreviata ad ENA). I profughi dell’Ena sono in massima parte africani sub-sahariani o asiatici che lavoravano in Libia e si sono trovati, loro malgrado, coinvolti nella guerra. Solo il 41% del totale ha ottenuto, dopo pochi mesi, il permesso di soggiorno (asilo politico, protezione sussidiaria e per motivi umanitari). A tutti gli altri è toccato far fronte ad un diniego e al seguente iter legale per il ricorso al diniego. Solo nel novembre 2012, il Governo Italiano ha deciso di concedere a tutti i profughi Ena il permesso per motivi umanitari.

All’interno di questo scenario il caso di Pieve Emanuele, Comune di 15.000 abitanti nella periferia Sud milanese (molti dei quali parte di famiglie multi-problematiche) è insieme un caso emblematico ed estremo. E’ proprio questo Comune che è stato seguito in prima linea dalla Cooperativa Lule.

 Il 12 e il 13 maggio 2011, con un preavviso di circa 20 ore, arrivarono 422 profughi Ena. Furono trasportati in nave da Lampedusa fino a Genova e da lì, a mezzo di pullman, furono portati presso il Ripamonti, un enorme Residence di 1000 appartamenti, situato, appunto, nella cittadina di Pieve Emanuele.

Diverse professionalità, presenti tutte le fasce d’età e le più disparate e disperate situazioni familiari. Una cosa in comune ce l’avevano tutti: non sapevano una parola di italiano! Nei corridoi del Residence non si sentiva ormai altro che il francese, l’inglese, l’arabo, il somalo, il bangla e anche un po’ di urdu.

Quella indicata nella tabella sottostante è stata la ripartizione percentuale per nazionalità dei 328 profughi del Residence Ripamonti al 16 giugno 2011, (dati forniti dalla Prefettura di Milano).

 

Fu così che inizia la macchina della solidarietà. In campo scesero circa 50 volontari: italiani, africani, bulgari o asiatici; insegnanti, studenti e molto altro; cittadini pievesi o di Comuni anche molto lontani. Un mese dopo il loro arrivo, il 13 giugno 2011, la scuola ebbe inizio.

 

Tutto era una sfida: procurarsi 400 penne e 400 quaderni, fare 400 fotocopie per ogni lezione! Decidere e immaginare come suddividere gli orari, le persone, gli spazi. Le lezioni stesse sono state redatte ad hoc da Chiara e Anna, coordinatrici del progetto, grazie anche ai suggerimenti dei volontari durante le equipe settimanali. Tutti hanno dato qualcosa: tempo, materiale (mancava anche la lavagna!!), professionalità e tanta volontà. Così siamo arrivati a fare quattro lezioni al giorno di due ore, da lunedì a sabato, settimana di ferragosto compresa. L’affluenza è sempre stata alta, arrivando a punte di 100 studenti; qualcuno ha addirittura frequentato tutte le lezioni.

 

 

Dal mese di luglio 2011, abbiamo rilasciato i certificati di frequenza: ne abbiamo distribuiti circa 200 al mese, in cui, appunto, i più meritevole hanno avuto il loro bel riconoscimento!

 

 

 


Nel frattempo, finalmente, inizia la convenzione con la Prefettura di Milano: le cose cambiarono, a partire dalla risorse! Innanzitutto decidemmo di dividere gli studenti in quattro livelli di apprendimento: per poter capire al meglio come dividere gli ormai 300 studenti (diventati tali per via dei trasferimenti in altri centri), abbiamo sottoposto tutti i nostri studenti ad un test valutativo, comprendente sia una parte scritta, sia una parte orale. I blu, analfabeti o poco più, i gialli, livello basso, i verdi livello medio e i rossi, livello alto.

 

Come dimenticare la prima classe dei rossi? Iniziavamo a comprenderci di più (noi ci siamo fatti l’orecchio con l’inglese-africano e loro muovevano i primi passi verso l’italiano), ad interagire, a raccontarci le storie vissute. Ma come dimenticare anche le espressioni di soddisfazione degli analfabeti per i loro progressi? Vedere un uomo adulto che impara a leggere credo sia una delle cose più belle e più soddisfacenti da fare a questo mondo. Sia per chi insegna ma soprattutto per chi impara. Semplicemente cambia la vita. Abbiamo inventato giochi, scenette, gare a punteggi: serietà e divertimento, regole e umanità era il mix di ogni lezione.

Da ottobre 2011, abbiamo iniziato a collaborare con il CTP di Rozzano: ore di lezione integrative tenute da insegnanti, destinate soprattutto per le classi più problematiche. 14 persone della ormai mitica prima classe rossa hanno affrontato per primi la certificazione CILS livello A2, sessione di Dicembre 2011, presso il CTP di Rozzano. Che studenti modello!! Dopo sei mesi affrontare e ottenere una tale certificazione! E con anche risultati eccellenti! se la sono sudata, test su test, prove su prove, ma alla fine son riusciti a conquistare un pezzo di Europa.

 

Una parentesi difficile è stata rappresenta dalla rivolta del 5 ottobre 2011. Il momento più critico di tutto questo periodo. La questione era il Pocket Money: la legge è di luglio 2011, ma per i profughi di Pieve Emanuele ancora nulla all’orizzonte in quella data.

 

 

 

Bisogna sottolineare, poi, come siano state proposte e svolte numerose altre attività, oltre alla scuola. In particolare, grazie a due volontari (Matteo, un 24enne di Pieve e Anna, un’insegnante di Milano), circa 10 profughi hanno partecipato ad un laboratorio teatrale. La rappresentazione, una rivisitazione dell’Odissea, è stata poi messa in scena poco prima di Natale, presso l’aula di italiano del Residence Ripamonti, debitamente predisposta e trasformata in teatro. Tra il numeroso pubblico in sala non solo i volontari della scuola, ma anche politici, cittadini pievesi e molti curiosi.

 

Durante la stessa serata, abbiamo poi festeggiato, mangiato, ballato e cantato tutti insieme: una serata di festa, forse per salutarci (a 10 giorni dalla fine, non sapevamo ancora se la convenzione e quindi la scuola, sarebbe continuata anche per il 2012) o forse per passare insieme qualche momento felice e basta. A far da cornice, il Calendario 2012, realizzato interamente da volontari, in cui, a farla da protagonisti erano le immagini e le storie di alcuni profughi, rappresentativi di tutte le nazionalità presenti al Residence.

 

La scuola alla fine è andata avanti ma il 14 febbraio 2012 abbiamo dovuto traslocare: l’aula che fino a quel momento era stata la nostra scuola, ora serviva per dei clienti paganti. Così, fino a fine giugno 2012, la nostra sede è stata un’aula di AFOL sud di Pieve Emanuele. Siamo andati sempre avanti, nello stesso modo dei sei mesi precedenti: lezioni di italiano tenute da Sara, lezione sulla salute tenuta da Marco Sacchi, volontario, medico rianimatore dell’Ospedale Niguarda Cà Granda e una lezione sul lavoro nei cantieri edili tenuta dall’Ingegnere Mariaelena Lacapra, volontaria.

Le persone intanto hanno imparato sempre di più, i vecchi “verdi” ora erano i nuovi “rossi” e così via per le altre classi. Nuove relazioni, nuovi legami, nuova certificazione CILS A2: a giugno 2012 altre 14 persone hanno sostenuto la certificazione CILS, livello A2. A fatica e senza mai certezze di durata, la scuola alla fine è sempre andata avanti. Nello stesso gruppo, due profughi (ex prima classe rossa), hanno sostenuto con esito eccellente la certificazione CILS livello B1.

A giugno 2012 ci siamo trasferiti nuovamente al Residence Ripamonti, tornando nella nostra prima aula di italiano.

E poi ancora, in questi anni, progetti di integrazione sul territorio, volontariato, partecipazione attiva, incontri culturali presso il Comune di Pieve come quello di dicembre 2011 con lo scrittore senegalese Pap Khouma. Da agosto 2011 un profugo lavora con regolare contratto presso il Roadhouse grill di Rozzano e, tramite Afol sud Milano due persone hanno avuto accesso ad un corso di formazione per assistenti familiari.

Per non farci mancare nulla, il 27 maggio 2012, presso l’oratorio Paolo Sesto di Pieve, abbiamo organizzato un torneo di calcio. La competizione non è mancata tra le squadre: africani anglofoni, francofoni e bengalesi. Ma la partita più colorata è stata quella che ha visto protagoniste le donne di Pieve Emanuele: in campo siamo scese noi della Lule, assistenti sociali del Comune di Pieve Emanuele, semplici cittadine. Certo, nulla a che fare con le prodezze afro-asiatiche, ma vogliamo mettere il divertimento??

 

Il 2 luglio abbiamo preso in eredità dalla Croce Rossa Italiana una grossa “patata bollente”: il presidio che da lì a sei mesi avrebbe dovuto portare alla conclusione dell’accoglienza dell’Ena. Una nuova sfida per tutti, un nuovo stimolo, e la forte consapevolezza che sarebbero arrivati dei giorni molto difficili. L’obbiettivo (consapevolmente irrealizzabile) era, entro il 31 dicembre 2012, trovare una casa e un lavoro a tutti gli ormai 170 profughi. Le cose non andarono così. Per descrivere tutte le emozioni, le difficoltà, le frustrazioni, le azioni condotte, andrebbe scritto un libro. Abbiamo cercato di seguire a 360 gradi ogni profugo, ogni richiesta.

Assistenza legale di base o con consulente legale; raccolta e continuo aggiornamento di tutti i documenti in possesso di ogni rifugiato per ogni fase dell’iter legale; rete con tutti gli avvocati di tutti i profughi, con la Questura e con la Prefettura di Milano; reperimento di informazioni tramite anche l’utilizzo di mediatori culturali: Sanatoria 2012, circolari ministeriali e nuove disposizioni.

E poi rete con ASL e medici curanti per coordinamento esami, visite, rete anche con ospedali per visite, orari esami, profilassi pre-intervento. Consegna referti medici e invio per visite nei vari Ospedali (soprattutto per la TBC). Assistenza alle persone che nel tempo e in vario modo hanno avuto problemi psichiatrici: supporto morale, rete con il CPS di Rozzano e l’Ospedale San Paolo di Milano; ricerca di un progetto e di un alloggio maggiormente adeguato alle situazioni di fragilità.

E per proseguire con l’elenco degli impegni affrontati, redazione dei curriculum vitae; gestione dei trasferimenti e passaggi di consegna dettagliati alle strutture di destinazione; progetti per inserimento sociale nelle strutture sportive della zona; offerta di informazioni in merito a orari dei mezzi pubblici, indicazioni stradali, compilazione moduli; raccolta di semplici sfoghi emotivi dati dalla precaria e cronica situazione incerta.

Dal primo giorno al Residence, abbiamo sempre cercato di tenere informate sulla situazione sia le istituzioni cittadine, sia i media interessati all’argomento.

Finalmente una buona notizia. Dopo un insistente vociferare, il Ministero dell’Interno ha ufficializzato il rilascio, per tutti i profughi dell’Ena, di un permesso di soggiorno per motivi umanitari di un anno di validità, a decorrere da dicembre 2012. Evviva! Ora (cioè dopo 19 mesi di attesa) si poteva iniziare a cercare e sperare di trovare, un lavoro. E poco male se così tutto il lavoro dello sportello relativo ai ricorsi è reso inutile e sprecato!

Pazienza se ora trovare lavoro non è più “complicato” dal non avere un permesso ma dal non avere un tetto. Pazienza, tanta. Ma tant’è che il permesso è arrivato a tutti.

Nel mentre, inesorabile, il 31 dicembre 2012, fine prevista per l’Ena, si avvicinava sempre di più: all’orizzonte solo il gelo delle notti del grande inverno milanese e la consapevolezza di essere impotenti. Come cooperativa abbiamo deciso di muoverci autonomamente in merito: ben poco si poteva pensare di fare, e quel poco abbiamo cercato di farlo al meglio. Abbiamo raccolto tutte le informazioni possibili riguardo ai servizi per i senza tetto di Milano, sentendo anche i vari enti erogatori riguardo alle disponibilità. Alla fine abbiamo prodotto un kit post-accoglienza che abbiamo distribuito ai profughi durante la distribuzione del pocket money di inizio dicembre. Tanto lavoro, tanta disperazione. Ma’

Il 28 dicembre 2012 il Ministero dell’Interno ha ufficializzato una proroga di due mesi (gennaio e febbraio 2013) per l’accoglienza ai profughi Ena. E’ stata un’ottima notizia: niente gelo, almeno per quest’anno. Pazienza se i fondi si sono ridotti a tal punto da escludere ogni forma di assistenza; da rendere impossibile avviare progetti di integrazione di ogni ordine e grado, decimando le possibilità di andare verso la tanto agognata autonomia.

Facendo un bilancio del percorso colpisce come, da parte dello Stato, di soldi se ne siano spesi veramente tanti, ma purtroppo raramente con una vera progettualità per il futuro. In un’ottica di emergenza, ovvero spendendo senza investire.

Come Cooperativa, nel 2013, siamo andate avanti comunque, in forme diverse e soprattutto in modo volontario. Si è costituito un tavolo di lavoro con il Comune di Pieve, il terzo settore e le associazioni del territorio.

Di fronte a questa situazione, i profughi, non sanno più come manifestare la loro disapprovazione.

28 febbraio 2013 – Finita l’emergenza Nord Africa, inizia quella umanitaria.

Il 28 febbraio 2013 si è chiusa ufficialmente l’Ena, iniziata, a Pieve Emanuele, il 12 maggio 2011: 656 giorni di lotte, riunioni, domande, qualche risposta, risate, pianti, speranze e delusioni. Noi ci abbiamo messo tutto: cuore, cervello e pancia. Abbiamo fatto bene, abbiamo sbagliato, abbiamo imparato e ci siamo scrollate di dosso molti dei nostri pregiudizi etnocentrici.

Facendo un bilancio, i conti son presto fatti: l’esperienza personale e di gruppo merita dieci e lode; un bilancio dei risultati ottenuti non può, invece, raggiungere la sufficienza! Certo, dipende dai punti di vista: tutti hanno dormito, mangiato e avuto un medico a disposizione. Non è poco, anzi è molto. Ma il risultato finale ci consegna futuri clandestini. Per quanto ne so io, infatti (e per quello che mi hanno riportato quelli che conosco e che hanno vissuto l’esperienza “Residence” a vario titolo) dei 422 profughi arrivati a Pieve nella primavera del 2011, davvero pochi sono integrati.

Il 28 febbraio è stato decretato quindi il “tempo scaduto, fuori tutti”, con un permesso di soggiorno di un anno per motivi umanitari e 500 euro in contanti a testa.

Molti, in questi giorni, stanno tentando la sorte alle frontiere, cercando di attraversare un confine ideale di crisi economica; alcuni di questi, i “beccati”, ricevono il trattamento dedicato ai “criminali”; altri, per ora, vivono nei dormitori, garantendosi un tetto sulla testa dalle 20 alle 8:30; qualcuno riesce a pagarsi una stanza, da dividere in tre, per 130 euro al mese; i più fortunati sono rimasti ospiti dove già vivevano prima del 1 marzo ma fino a quando non si sa. Credo sia il caso di citare anche chi, per difetti burocratici, pur avendone diritto, non è riuscito ad avere né il permesso di soggiorno, né i 500 euro. Infine c’è chi ha ricevuto sia il permesso che i soldi, ma ora non ce li ha più! Non perché abbia speso già tutto, ma perché, vivendo per la strada, è facile perdere le proprie cose o essere derubati.

Proseguendo nel fare un bilancio, salta all’occhio come i soldi spesi per l’Ena siano stati davvero tanti. E’ questo il punto: l’emergenza ha un alibi di ferro, son stati spesi tanti soldi. Ma i soldi sono tutto? Non è una domanda generale su cosa sia la felicità in questa vita, ma su quali parametri valutare per considerare realizzato, o meno, un progetto e un’azione di questo genere. Quindi, la domanda giusta è: a fronte dei risultati, è stato produttivo spendere tutti questi soldi? Una finanziaria intera in alberghi, cibo, avvocati, spese legali dei vari ricorsi!

Si è pensato ai soldi da erogare, ma non si è pensato a come creare integrazione. Come poter pensare di progettare inserimenti lavorativi per così tanta gente su un solo Comune, e per di più “piccolo” come quello di Pieve Emanuele? Ci si è preoccupati delle varie barriere burocratiche e pratiche venutesi a creare? Barriere come la residenza negata ai più, il permesso con scadenza semestrale dei diniegati, (più della metà del totale), i continui trasferimenti verso “non si sa dove”, e, ovviamente i pregiudizi (ma per quelli ci vorrebbe una rivoluzione pacifica a lungo termine).

Senza pensare al fatto, poi, che si tratta di sopravvissuti a guerre, carestie ed una serie infinita di lutti; profughi che hanno raggiunto le nostre coste traversando il deserto, la Libia in guerra ed infine il mare. Una stratificazione diabolica di traumi.

“Un pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce. Un mare che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni”, Laura Boldrini, Presidente della Camera dei deputati della Repubblica Italiana, discorso di insediamento.

Per saperne di più:

Galleria fotografica1 – Galleria fotografica 2

Link agli articoli sull’esperienza di Pieve Emanuele

Cristina e Pierre_Diario di un’esperienza