Da Repubblica un racconto emozionante dell’impegno quotidiano delle nostre Unit mobili di strada

Gentili amici

vi segnaliamo, con grande soddisfazione, che su Repubblica.it apparso un lungo servizio che racconta, attraverso la testimonianza di una nostra operatrice, non solo il prezioso lavoro delle Unit mobili di Strada di Lule Onlus, ma anche la cruda realt della vita sul marciapiede.

 

In un periodo in cui molti parlano, spesso senza cognizione di causa, di un fenomeno complesso e doloroso come quello della prostituzione, fa piacere che ci sia l’interesse di andare oltre lo stereotipo, per scoprire come vivono veramente gli “oggetti” di questo dibattito e soprattutto per portare alla luce il piccolo, quotidiano e preziosissimo supporto che da anni, quasi invisibile, viene offerto alle vittime della tratta.

 

Ecco il link all’articolo, che comunque potete leggere anche a seguire…

 
 

Daniela, Maria e le altre una notte sulla strada con le ragazze in vendita

 

Se ne sta seduta su una sedia di plastica bianca, instabile tra pozzanghere di fango, i mozziconi di tutte le altre sigarette che si fumata e una mezza dozzina di bottiglie vuote. Quando ci vede si alza, sorride e saluta come se fossimo vecchi amici che non vede da anni. Si spinge verso il basso il bordo della minigonna bianca, nel tentativo di allungare il tessuto per coprirsi le gambe. Siete uomini che non sono qui per il suo corpo. per questo che si vergogna di farsi vedere mezza nuda , spiegher poi Francesca, operatrice di strada di Lule (“fiore” in albanese), associazione che dal 1998 incontra persone che si prostituiscono in strada. una notte come le altre su questa provinciale che scorre a sud di Milano, uno dei pi affollati mercati del sesso a cielo aperto. Dove le auto corrono veloci e ogni tanto si fermano sul ciglio della strada, nelle rientranze delle corsie, alle stazioni dei benzinai che hanno sempre le luci accese. Tutto in questa strada sembra creato ad arte per alimentare il pi triste dei sistemi economici: i motel spuntati negli ultimi anni, i paninari che aprono in tarda serata, i tassisti che conoscono alla perfezione i punti dove stazionano le ragazze.
 
Francesca ha con s un termos di caff e il pacco dei volantini che tiene nel sedile posteriore dell’auto. Sono in lingue diverse: inglese, rumeno, albanese, russo, ce n’ uno per ogni nazionalit che si incontra. Strumenti utili per entrare in contatto con loro, ma anche per dare informazioni sanitarie e di sicurezza fondamentali. Insieme a due volontari, Francesca percorre da cima a fondo la strada provinciale due volte a settimana, di notte e di giorno. Il primo contatto il pi delicato racconta all’inizio sono sempre un po’ diffidenti perch sono abituate a vedere di tutto quando sono in strada. Poi pian piano si entra in sintonia, ci si muove sulle stesse corde emotive. Solo a quel punto esce il lato umano, e raccontano le loro esistenze di donne costrette a vivere tra ricatti e abusi. Con alcune, invece, non si riesce quasi nemmeno a parlare. Julia l’unica polacca che si trova in questa strada. Bionda, altissima. All’ingresso di una rotonda aspetta clienti da ore, infreddolita: C’ la partita stasera, uomini tutti a casa, sbuffa sotto i capelli biondo platino. Prende un volantino, ma non vuole n caff, n parole di conforto. A sentir loro, le ragioni per cui finiscono in strada sono le pi diverse. Ma tutte sono riconducibili a uno solo fine, cio lo sfruttamento. Le nigeriane devono vendersi senza soste per ripagare il debito contratto con il viaggio: fino a 60mila euro, che provano a racimolare con prestazioni da 10 euro. E la loro vita si trasforma in un incubo che ha i tratti della normalit, come se la strada fosse un qualsiasi posto di lavoro. Francesca conosce i nomi di tutte le ragazze e ricorda a memoria i luoghi dove stazionano: quella strada suddivisa tra famiglie di diverse nazionalit che si sono spartite anche le aree di sosta. Poco oltre il cavalcavia c’ un’altra postazione, l ci sono due cugine albanesi in Italia da quattro anni. Si vede una lattina sopra un palo di legno, ma di ragazze neanche l’ombra. il segnale che stasera lavorano, ma ora si trovano con dei clienti. Passa mezz’ora e quando torniamo sul posto sono riapparse. Capelli scuri raccolti in una coda di cavallo una, riccioli rossi sciolti sulle spalle l’altra. una serata di confessioni: chiedono di salire sull’auto e di allontanarci. Angela (nome di fantasia, come tutti gli altri) ha lo sguardo preoccupato e dopo un paio di frasi di circostanza comincia a chiedere consigli: il ciclo in ritardo di due settimane e non sa cosa fare. Una delle cose pi importanti spiegare che possono farsi visitare dice Francesca quelle che riusciamo a convincere le accompagniamo in uno studio ginecologico per sottoporsi a test e controlli. La strada un microcosmo di sofferenza, a ogni incontro emergono storie di violenza e di isolamento. Maria scoppia in lacrime quasi subito. La madre che sta in Romania gravemente malata, vorrebbe andarla a trovare ma il suo “fidanzato” cio l’uomo che la obbliga a prostituirsi e che pretende da lei gran parte degli incassi le impedisce di partire. In pi, la sua famiglia non insiste per farla tornare perch la crede assunta come barista e i soldi che riesce a spedire sono la loro salvezza. Il romanzo dei suoi 23 anni costellato di dolore e quel pianto non ha nulla di liberatorio. Francesca ascolta con pazienza, dosa parole e silenzi con una saggezza navigata. All’improvviso due colpi di fanale interrompono la conversazione. Andate via, questo un cliente, devo lavorare. Di racconti cos Francesca ne ascolta decine al mese.. E come lei, anche gli altri operatori e volontari che si muovono sui territori della provincia di Milano. Nell’ultimo anno di lavoro in strada, Lule entrata in contatto con 792 ragazze. Ma il turn-over alto. La permanenza media stimata in 6-7 mesi, anche se molte sono “storiche” e non si muovono da l per anni. Cos che la loro vita rimane indissolubilmente legata nel corpo e nella mente a questa strada dai bordi fangosi, piena di erbacce. Con i volontari su una provinciale a sud della citt “C’ la partita stasera, uomini tutti a casa” Due colpi di fanale interrompono la conversazione “Andate via, questo un cliente, devo lavorare”

 

repubblica aprile 14